Cosa significa al giorno d’oggi essere un fotografo? Il termine fino a pochi anni fa era decisamente inflazionato: un amatore, un negoziante, quello dei matrimoni, un artista… Insomma c’era gran confusione. Certo i professionisti esistono ancora oggi, ma a evolversi è il concetto stesso della persona dietro ad una fotocamera.
Chi non ricorda i grandi fotografi del passato? Capa, McCurry, Adams, Newton, ecc. Tutti grandissimi artisti che hanno ispirato diverse generazioni di seguaci, e lasciato un segno indelebile nell’arte contemporanea.
Detto questo, qualcuno ricorda dei nomi attuali? Io personalmente no. L’era di internet ha portato uno sconquasso in molti settori, con rivoluzioni epocali non sempre gestibili. Non fa eccezione la fotografia, che è andata incontro a nuove sfide. Pensando ai tempi della pellicola, quante immagini si passavano di mano in mano? Poche, tra appassionati, alle riunioni di famiglia, per lo più ricordi. Adesso le fotografie escono pure dalla tazza del bagno, se comprate il dispositivo adeguato… C’erano persino le aste per comprare riproduzioni di fotografie famose, ora la base di partenza è un file riproducibile un milione di volte quindi i valori sono scesi parecchio. Vent’anni fa quattro amici si sedevano al tavolo di un bar la sera per parlare del più e del meno; nessuno di loro si portava dietro una fotocamera giusto? Adesso quattro amici si trovano al bar, e di fotocamere ne hanno dietro quattro, ovvero i loro smartphone.
Potrei andare avanti all’infinito, ma ci siamo capiti, ovvero siamo invasi dalle fotografie. In quei milioni di scatti emergere è più difficile, ma anche più sfidante. Non stiamo parlando esclusivamente di qualità, che sia intrinseca del file prodotto o dell’inquadratura, bensì di passione. Voglio venirvi incontro ed essere più chiaro con un altro esempio. Fino a cinque anni fa (e ripeto cinque) pensate a un qualsiasi luogo turistico che avete visitato: era pieno di gente con fotocamere in mano, per lo più reflex e compatte. Queste ultime sono sparite dalla faccia della terra, fagocitate dagli smartphone, e le prime non se la passano tanto meglio. Spesso mi capita di girare dotato della mia fotocamera ad obiettivi intercambiabili e sentire frasi di questo tipo: “ci fa una foto lei che è bravo?” oppure “lei che è un fotografo, ci concede uno scatto?”. Buffo, perché oltre al “lei” quasi reverenziale stanno parlando a un amatore, senza esperienze in campo professionale. Ebbene, a livello sociale, il fatto che io possieda una reflex fa di me un fotografo. Ma sarà vero? In parte sì. I cellulari odierni hanno raggiunto un livello qualitativo più che sufficiente per assolvere ai compiti richiesti dalla maggior parte degli utenti: pubblicare sulle reti sociali, condividere con gli amici e raramente stampare in piccolo formato. Inevitabile in questo contesto che chi sia disposto a portarsi dietro un po' di attrezzatura si distingua. Si potrebbe obiettare che non è il dispositivo che fa la qualità, chi non è portato o inesperto produrrà comunque scarsi risultati. Verissimo, ma a questo punto ci ricolleghiamo al discorso precedente: senza la passione non si può essere fotografi. Quella cosa che spinge ad alzarsi alle 4 del mattino per cogliere un’alba in montagna, o far tardi per il tramonto. Sopportare sbalzi termici estremi, città affollate, innumerevoli tentativi a vuoto, qualche insulto, ore di lavorazione... Scattare una fotografia è ormai semplicissimo, pensarla il contrario. La vera sfida non è tra reflex/mirrorless e smartphone, ma tra chi preme un bottone e chi si mette in gioco prima di farlo.
Questo scritto vuole essere un invito ad approfondire il vostro approccio alla fotografia; osate, faticate, buttatevi senza cullarvi nella pigrizia! Non vi interessa? Amici come prima, ma se avete anche solo un briciolo di curiosità non esitate, il solo fatto di averci provato vi distinguerà.
Paolo Marucco @135landscape
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