Greta sceglie i suoi soggetti tra le cose che la circondano o di fronte alle quali si ritrova duranti i suoi viaggi: panorami, persone o dettagli.
La sua è una ricerca basata sulle sensazioni che la colpiscono.
@ Greta Contardi |
Raccontaci di te e di come ti sei avvicinata alla fotografia.
Sono nata e cresciuta nella nebbia padana e la mia forma di riscatto è cogliere tutte le sfumature possibili in ciò che mi circonda.
Ho iniziato a fotografare da adolescente verso i 14-15 anni, quando mi è stata regalata la prima macchina fotografica seria.
Più che un desiderio è un bisogno: di fermare il tempo che scorre e l’irripetibilità di un frammento anche banale nella sua ordinarietà.
Non ricerco l’attimo perfetto; anzi, spesso mi va di rappresentare e immortalare una composizione all’apparenza poco significante, solo per dare un’immagine a quel che provo osservando ciò che ho davanti, lasciare che si materializzi in contorni, forme, colori, movimenti o sguardi.
Semplicemente lascio che sia il mio istinto a “sentire”.
C’è un genere fotografico che preferisci? Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ho un genere preferito, mi lascio molto trasportare dalle sensazioni e dall’istinto, come se avessi una voce interiore a comunicarmi che ciò che ho davanti debba rimanere così per sempre, spingendomi quindi a scattare.
Nel tempo però mi sono accorta che è nelle persone che ritrovo tutte le sfaccettature di ciò che mi piace rappresentare: le imperfezioni, l’energia, l’immobilità, l’attesa, le debolezze, l’introspezione, la tenerezza, la complessità. E pensandoci, sono tutti aspetti che ricerco anche in altri soggetti: paesaggi naturali, scorci di città o paesi di campagna.
Tra i miei autori di riferimento Vivian Maier è un’artista che stimo molto. Oltre al talento che le riconosco, mi ha sempre affascinato il suo aver vissuto nell’ombra, la scelta di dedicarsi a una fotografia disinteressata e per averla considerata un mezzo di espressione in una vita ordinaria e non certo senza ombre.
@ Greta Contardi |
Dalle immagini e dalla tua evoluzione come fotografa emerge un forte attaccamento all’ambiente rurale. Come trai ispirazione da quello che ti circonda? Hai un progetto in corso oppure una storia da raccontare?
Diciamo che ho un debole per i “casi persi”, per ciò che a volte passa inosservato. Ormai il concetto di vita lenta è molto inflazionato, ma continuo a credere che sia una grande fortuna poter osservare, ad esempio, un filo d’erba che si muove sull’argine del fiume o le sedie di plastica bianche appostate attorno a qualche casupola costruita con materiali di recupero.
Per me, i ritmi frenetici a cui pochi sono immuni, richiedono sempre più di ritrovare una sorta di spiritualità per sfuggirli, ed è in queste lande desolate e ovattate dalla nebbia che mi capita spesso di trovare rifugio e conforto.
Più un luogo è apparentemente vuoto d’estetica e di significato, più lascerà alle persone lo spazio di essere.
@ Greta Contardi |
Che tipo di attrezzatura utilizzi solitamente per fotografare? Utilizzi qualche tecnica particolare?
Solitamente utilizzo una reflex digitale con un obiettivo basico 18-55, e con questa capita di divertirmi con le lunghe esposizioni, ma solo con il buio.
A volte rispolvero la reflex analogica di papà, una vecchia Minolta, altre volte uso anche una Olympus punta e scatta.
Non sono una purista dello strumento, tant’è che spesso va bene anche il telefono se è l’unico supporto che ho a portata di mano. Credo che l’importante sia tenere allenato l’occhio e che lo strumento sia secondario e che il focus sia sul modo di vedere le cose.
Di tutte le foto che hai scattato, quale preferisci? Parlaci della sua genesi.
È una scelta difficilissima. Mi è arduo preferirne una specifica, poiché ognuna racconta un momento particolare della mia vita e riflette la mia evoluzione personale ed emotiva.
Ma ci provo.
Era l’estate del 2015, avevo 18 anni e mi trovavo in un rovente quadrato di cemento nel villaggio Brekoc, nella periferia di Gjakova, la seconda città più grande del Kosovo.
Trascorrevo le giornate a contatto con le comunità Rom e Rae, tra l’organizzazione di giochi con i bambini e qualche ora di turismo locale consapevole.
Di questa immagine mi piace la linea delle montagne che include tutti i soggetti: le case, le persone, le ombre, così come la prospettiva dei tre bambini, che non avevo ricercato.
Insomma, questo scatto mi piace per la casualità che si è poi tradotta in un’armonia che tutt’oggi dopo tanti anni mi rievoca le emozioni di stare “in quel campo strappato dal vento”, come direbbe Fabrizio in “Khorakhané”.
@ Greta Contardi |
Le tue fotografie sono mai state esposte? Hai mai vinto in qualche concorso?
Ho fatto parte di un’associazione nel periodo in cui frequentavo dei corsi di fotografia, con la quale ho avuto occasione di partecipare ad alcune esposizioni a tema.
Nel 2022 il collettivo The Post.o ha selezionato due mie fotografie per il progetto “Specie di Spazi”, che sono state esposte presso la Sede di Santa Caterina nei Musei Civici di Treviso.
Sempre nel 2022, The Bestselected Project ha selezionato un mio scatto per la pubblicazione del Vol. 5 de “The Bestselected Book”.
Nel 2023 Documagazine ha pubblicato una mia fotografia sul Vol. 4 della loro rivista.
Quali progetti intravedi nel futuro per la tua attività fotografica?
Per il futuro mi auguro di avere davanti ancora tante occasioni in cui potrò avere la mia macchina fotografica al collo, di meravigliarmi ancora davanti a scenari si straordinaria ordinarietà, di ricercare l’immagine che meglio rappresenta il tumulto di energie che spesso sento di dover far convogliare in uno scatto.
Mi piacerebbe realizzare un progetto fotografico che includa una storia, un reportage. Per ora le mie fotografie sono un po’ a sé stanti e individuali, e vederle radunate in una raccolta, magari associate a una storia, sarebbe bellissimo.
Ho tantissime idee a riguardo, devo solo capire a che soggetto affidare il racconto che vorrei mettere a terra.
@ Greta Contardi |
Qual è il tuo rapporto con i social network? Pensi che siano utili a farti crescere come artista?
Non sono particolarmente attiva sui social, utilizzo solo Instagram.
Non è di certo un rapporto sempre sereno in quanto riconosco il potenziale dello strumento, ma non riesco mai ad applicarmici con dedizione per sfruttarlo a pieno e trarne soddisfazioni e opportunità.
I social hanno reso la fotografia più democratica, e di conseguenza troviamo trilioni di contenuti in questo senso.
Oggi siamo bombardati da stimoli audiovisivi, la soglia di attenzione dell’utente diminuisce sempre di più e le nuove generazioni hanno un approccio totalmente diverso anche per quanto riguarda la pubblicazione delle foto.
Si prediligono contenuti effimeri e di “cronaca”, che rimangono disponibili per qualche ora, piuttosto che la fotografia pubblicata sul proprio profilo, che assocerei quasi a quella pratica ormai purtroppo superata della stampa inserita in un album. Considero i social un buon mezzo di espressione e di condivisione della propria rappresentazione del mondo, nonostante la scarsa meritocrazia e visibilità che purtroppo riserva a chi pubblica contenuti poco accattivanti e meno affini alle linee guida della piattaforma.
Ringraziamo Greta per averci concesso l’intervista, se considerate i suoi lavori interessanti vi invitiamo a seguirlo/a tramite i suoi profili social.
profilo Instagram: @gretacontardi
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