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Nostalgia dei vecchi tempi: le pellicole



Riprendiamo il nostro discorso sulla fotografia analogica, affrontando l’argomento delle pellicole.
Quali possiamo ancora trovare in commercio, a vent’anni dall’avvento del digitale? In effetti alcuni formati di pellicola che esistevano un tempo sono fuori produzione; la “colpa” di tutto ciò non è da attribuirsi unicamente al digitale, poichè certi formati persero la loro ragione di essere già in epoca analogica. Si parla di quelli nati esclusivamente per soddisfare esigenze commerciali, oppure per facilitare l’operazione di caricamento (vera e propria nemesi dei dilettanti). In linea di massima, possiamo dire che la nascita della fotografia digitale ha portato alla scomparsa di quei formati che erano già poco richiesti dal mercato.
La situazione odierna vede disponibili per l’acquisto principalmente quattro tipi di pellicola: 
  • formato 135, più comunemente detto 35mm. E’ il classico “rullino”, una cartuccia con avvolta all’interno una striscia di pellicola dotata dei caratteristici fori di trascinamento.
  • formato 120, chiamata anche medio formato. E’ una pellicola di buone dimensioni che si presenta avvolta su un rocchetto, con il dorso protetto da una carta a tenuta di luce.
  • pellicole istantanee. Si tratta di pellicole che si sviluppano da sole una volta scattata la foto. Sono disponibili in formati differenti, in base alla fotocamera utilizzata.
  • pellicole a fogli dette anche “lastre”. Sono dei fogli di materiale fotosensibile, reperibili in più formati standard. Il loro costo è piuttosto alto e l’utilizzo è quasi esclusivamente professionistico.
Considerando alcuni fattori quali i costi, le difficoltà d’utilizzo e l’imprescindibilità di avere a disposizione una camera oscura, dobbiamo escludere dalle nostre sperimentazioni l’utilizzo delle pellicole a fogli. Si tratta di uno strumento che richiede una buona dose di esperienza sul campo quindi poco indicata per i principianti. 
Escluderemo inoltre le pellicole istantanee; pur essendo interessanti, per le sperimentazioni che faremo sarà necessario avere il controllo sull’esposizione. In questo ambito infatti troviamo fotocamere automatiche e poca varietà di pellicole, quasi tutte a colori e ad alta sensibilità. 
Fatte queste considerazioni, senza indugiare oltre andiamo a esaminare gli altri due formati. 
Il formato 35mm è caratterizzato in assoluto dai costi più bassi e dalla migliore portabilità; le fotocamere che lo utilizzano infatti hanno più o meno le dimensioni delle digitali. Con un numero massimo di 36 pose, è la pellicola che offre più “autonomia”, e non sorprende che sia molto apprezzata da chi vuole sperimentare.
Il formato 120, se utilizzato sulla giusta fotocamera, non fa rimpiangere la qualità del digitale; tuttavia lo si usa spesso nelle fotocamere giocattolo, per ottenere risultati poco qualitativi ma molto artistici. Il numero di pose che avremo a disposizione varia generalmente dalle 16 alle 8, in base alla fotocamera utilizzata. In effetti il 120 non è un solo formato, ma tanti formati diversi: si va dal 6x6 (centimetri), dal caratteristico aspetto quadrato, al più grande 6x9 cm, fino ai più rari formati panoramici, e altri ancora. Più è grande il formato, minore è il numero di pose a disposizione.
Tanto per il 35mm che per il 120 avremo una scelta relativamente ampia di pellicole, in quanto vi sono ancora diversi produttori. Ogni pellicola ha delle peculiarità che la distinguono dalle altre e determinano il tipo di uso che ne faremo. Alcune di queste costituiscono una sorta di “firma” sulle foto con essa realizzate. Andiamole ad esaminare:
  • la grana è una caratteristica prettamente fisica, dovuta alle dimensioni dei cristalli di materiale sensibile sulla pellicola. Possiamo paragonarla al rumore che si crea nelle immagini digitali ad alti iso; in effetti più una pellicola è sensibile, più è granulosa. A influenzare la quantità della grana vi sono però anche altri fattori, tra i quali possiamo citare la qualità di produzione della pellicola e l’aver effettuato uno sviluppo con tecniche differenti da quelle previste.
  • La sensibilità rappresenta una misura della velocità con cui una pellicola riesce a catturare le immagini. Come per i sensori digitali, si misura in iso, ma un tempo esistevano unità di misura differenti tra i vari paesi (din, asa, gost ecc.) e potrebbe tornar utile conoscere le equivalenze (tabella 1). Le pellicole con bassa sensibilità (inferiore a 100 iso) sono dette “pellicole lente”, mentre quelle più sensibili (400 iso o più) sono chiamate “veloci”. 
  • Il contrasto influenza il carattere che avranno le immagini; in generale si può dire che le pellicole lente sono più contrastate di quelle veloci, ma un altro fattore da considerare qui è la cosiddetta “acutanza” (il contrasto tra i dettagli più fini visibili), che più variare molto tra pellicole della stessa sensibilità ma di produttori differenti.
  • La tonalità (solo per le pellicole a colori) è una dominante di colore che risulta caratterizzare le immagini. Una pellicola a colori di buona qualità di solito presenta una resa di colori più neutra e vicina alla realtà, pur non essendo completamente priva di dominanti. Vi sono però pellicole che sono state realizzate appositamente con dominanti di colore utili in talune situazioni.
TABELLA 1 - equivalenze tra diverse scale di sensibilità delle pellicole

Tutte le pellicole hanno una data di scadenza, oltrepassata la quale le caratteristiche appena citate subiscono dei peggioramenti più o meno significativi. Se però le conserviamo in luoghi a bassa temperatura (come il frigorifero), potremo mantenerne inalterate le proprietà per molto più tempo.
Un’altra grande distinzione tra le pellicole è quella fra negativi (in bianco e nero e a colori) e diapositive; mentre nei negativi l’immagine si forma sulla pellicola coi colori invertiti, nelle diapositive tutto è già al suo posto dopo lo sviluppo. Storicamente i negativi erano destinati alla stampa tramite ingranditore: proiettando l’immagine su un foglio di carta fotosensibile (anch’essa una sorta di negativo) si realizzava l’inversione dei colori in positivo. Le diapositive invece erano generalmente montate su telaietti di plastica e destinate alla proiezione su un opportuno schermo.
Il negativo in bianco e nero è costituito da una striscia di materiale fotosensibile (emulsione) stesa su un supporto; tutti i differenti colori dell’immagine vengono a formarsi sull’emulsione come gradazioni tonali di grigio. Vi sono due tipologie di pellicole in bianco e nero: le pancromatiche e le ortocromatiche. Le pancromatiche sono le più diffuse, si chiamano così perché egualmente sensibili a tutti i colori dello spettro luminoso; le pellicole ortocromatiche invece sono le preferite da chi sviluppa in proprio, perché insensibili alla luce rossa utilizzata per illuminare la camera oscura. Nelle foto effettuate con le ortocromatiche i rossi dell’immagine appaiono neri.
Col negativo in bianco è possibile influenzare le tonalità della foto tramite degli appositi filtri colorati da apporre sull’obiettivo; un filtro di un determinato colore ha l’effetto di schiarire tutti i toni grigi che nell’immagine rappresentano quel colore, mentre scurisce quelli relativi al colore complementare. Un classico esempio è l’uso del filtro rosso per scurire un cielo blu e far risaltar meglio le nuvole. 
Alcuni fotografi considerano “vera fotografia” solo quella fatta in bianco e nero; forse esagerano, ma è vero che nella foto, tolti i colori, contano solo la luce, la composizione e il soggetto. Quando si vogliono esaltare i contrasti tra luce e ombra, oppure dei soggetti con geometrie ben definite (per esempio nelle foto d’architettura), questa è la pellicola ideale. Sebbene si possano convertire in bianco e nero le immagini digitali, non è facile ottenere la stessa ricchezza di gradazioni tonali della pellicola.

Il negativo a colori è strutturalmente simile a quello in bianco e nero, con la principale differenza di avere non uno, bensì tre strati di materiale fotosensibile; ciascuno di questi viene impressionato rispettivamente dalla luce blu, verde e rossa (in questo ordine). In ogni strato viene a formarsi un’immagine a colori, e quella finale è ottenuta dalla combinazione delle tre. Per quanto riguarda la fedeltà ai colori originali del soggetto, le pellicole negative a colori possono essere piuttosto influenzate dalle dominanti, nel senso che ognuna rende i colori in modo differente. E proprio in questo sta il bello, potremo scegliere una pellicola dalle spiccate dominanti calde o fredde per enfatizzare certe caratteristiche dell’immagine: le foto di una vacanza estiva, per esempio, avranno un qualcosa in più se scattate con una pellicola dalle dominanti calde. Con gli stessi filtri colorati che si utilizzano per il bianco e nero potremo controllare o imprimere noi stessi delle tonalità dominanti. 
I costi di sviluppo del negativo a colori sono un po’ più bassi rispetto al bianco e nero, pertanto questo ne fa la pellicola ideale per chi vuole muovere i primi passi nell’analogico. 

La diapositiva presenta la particolarità di formare l’immagine già in positivo, a seguito di un trattamento denominato “inversione”. Sebbene la maggior parte delle diapositive sia a colori, esistono in realtà anche pellicole per ottenere diapositive in bianco e nero. Dal punto di vista qualitativo, le pellicole per diapositive rappresentavano il culmine della tecnologia fotografica analogica: migliore dettaglio e, soprattutto, una resa del colore che ancor oggi molti rimpiangono. Attualmente però sono pochi i fotoamatori che fanno sviluppare questo tipo di pellicola con il suo processo originario, a causa degli alti costi dello stesso. Tuttavia queste pellicole sono estremamente ricercate dagli sperimentatori, soprattutto se scadute, per praticare una tecnica particolare.

I negativi in bianco e nero, quelli a colori e le diapositive non sono gli unici tipi di pellicole esistenti per i formati 35mm e 120: esistono infatti altre pellicole che potremo raggruppare in una sola categoria, denominandole pellicole sperimentali; in questa categoria potremo trovare sia le pellicole a infrarosso che le pellicole redscale (pellicole a dominante rossa ottenute avvolgendo al contrario un negativo a colori), e molte altre. Per praticità andremo a esaminarle meglio quando parleremo dei relativi esperimenti.

Eccoci quindi al termine di questo argomento lungo e complesso, che spero di aver trattato con sufficiente chiarezza. Se volete approfondire qualcosa non esitate a domandare, sarò lieto di rispondervi!

A presto!
Alessandro "Prof. BC" Agrati  @agratialessandro

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