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Vintage Digitale – Panasonic Lumix LX3


In questo episodio parliamo della Panasonic LX3, una fotocamera del 2008. Fa parte della serie “LX”, ovvero le compatte premium della casa.

Questo articolo fa parte di un progetto volto a riscoprire la fotografia CCD, se volete approfondire è presente un’introduzione esplicativa.


SCHEDA TECNICA:

Sensore: 1/1.63” CCD (8.07 x 5.56 mm)
Megapixel: 10 (4:3 - 3648x2736 pixel) (3:2 - 3776x2520) (16:9 – 3968x2232)
Formato immagine: 4:3 – 3:2 – 16:9
Escursione focale: 24–60 mm (equivalente 35mm)
Apertura massima: F 2-2.8
Stabilizzazione ottica: Sì
Tempi di scatto: 60 S - 1/2000 S
Gamma ISO: 80-3200
Presenza controlli PASM: Sì
Formato RAW: Sì
Distanza minima messa a fuoco: 1 cm
Dimensioni schermo: 3 pollici
Risoluzione schermo: 460.000 dots
Schede di memoria compatibili: SD/SDHC
Dimensioni: 109 x 60 x 27 mm
Peso: 265 g
Batteria: al litio

L’esperimento di questa puntata si concentra su di una compatta premium, con un sensore di grandezza superiore alla media. La mia attenzione è stata catturata dalla compattezza, dall’ottima luminosità dell’obiettivo (con grandangolo a 24mm) e dai tre formati d’immagine nativi. Avete capito bene, su questa fotocamera è possibile scattare a 4:3, 3:2 e 16:9 mantenendo (più o meno) la risoluzione nativa di dieci megapixel. Questa caratteristica, resa possibile da un sensore con una superficie leggermente più grande rispetto alle risoluzioni utilizzabili, amplia tantissimo le possibilità di scatto e risulta uno stimolo per la creatività. L’obiettivo luminoso, combinato alla stabilizzazione ottica, aiuta molto in situazioni di luce scarsa.
I colori ottenuti scattando in jpeg sono accettabili, le immagini appaiono realistiche dal punto di vista cromatico pur senza brillare. Lavorando invece i RAW si è limitati dall’assenza di un profilo incorporato, bisogna infatti accontentarsi di Adobe. Per ottenere risultati gradevoli bisogna lavorare di fino col software, alla ricerca del bilanciamento ideale. Detto questo, i colori risultano in generale vividi e tendono a sbiadire solo alzando notevolmente gli ISO.
Sono presenti tutti i controlli manuali, quindi risulta facile impostare i parametri a piacimento. Va da sé che per ottenere i migliori risultati è meglio scattare in RAW: per quanto i jpeg non siano male, la migliore definizione la si ottiene elaborando i file tramite software. Specialmente in ambito paesaggistico, la differenza di dettaglio tra l’immagine jpeg e l’elaborazione risulta evidente.
Un’altra caratteristica simpatica è la possibilità di fare inquadrature macro, qui possibili fino ad un centimetro di distanza. Non si avrà la qualità di un obiettivo dedicato, ma per qualche scatto divertente va benissimo. Purtroppo la messa a fuoco in questa modalità è lenta, bisogna farci l’abitudine.
Nota dolente, scordatevi grandi sfocati con questo modello; ho tentato qualche esperimento in tal senso ma i risultati non sono stati lusinghieri. Sia a grandangolo che al massimo zoom gli sfondi sono quasi sempre piatti, senza carattere. Del resto c’era da aspettarselo considerata la ridotta escursione focale.


LINK GALLERIA FOTOGRAFICA


Scorci nel bosco 


E ora passiamo a qualche aspetto più tecnico prima delle considerazioni finali.
In quanto a qualità costruttiva, la fotocamera si presenta con un corpo quasi interamente in metallo, “made in Japan”; anche l’assemblaggio e i pulsanti sono ben realizzati. Il corpo appare piuttosto snello e leggero, la si infila anche in tasca. C’è una presa per le dita sul lato anteriore, un po' scivolosa ma meglio di niente.
Utilizzare la Panasonic Lumix LX3 risulta abbastanza intuitivo, grazie ai numerosi pulsanti dedicati alle funzioni. Il menu invece non è dei più immediati; risulta scomoda soprattutto la suddivisione tra modalità scatto e visualizzazione, accompagnata da un selettore dedicato. Una configurazione tipica delle Panasonic di quegli anni, che solo più tardi hanno sfruttato il pulsante play, col pulsante di scatto utilizzato per passare alla modalità foto.
Ci sono altre piccole noie da segnalare: il tappo anteriore, che se montato impedisce l’estensione dell’obiettivo, e la ghiera funzione che cambia spesso posizione inavvertitamente. Il motore che muove lo zoom è preciso, ma anche molto lento. Si percepisce inoltre la limitazione alla focale dei 60mm: niente di grave, ma anche solo qualche millimetro in più non avrebbe guastato.
Comodo e ben visibile invece lo schermo, che presenta anche una discreta risoluzione per l’epoca. L’istogramma risulta sfruttabile in tempo reale, utilissimo anche se un pochino sacrificato come forma, inserito com’è in un piccolo quadrato.
Piacevole come accennato prima la lavorazione dei RAW, che si presentano abbastanza malleabili: non si possono pretendere miracoli in fase di recupero ombre, ma in situazioni di contrasto normale garantiscono buoni risultati.
Le prestazioni sono in generale apprezzabili, il sistema reagisce bene ai comandi. La messa a fuoco è valida, abbastanza veloce anche con poca luce. L’obiettivo è di buona qualità: nitido a tutte le focali con solo piccoli cali ai bordi estremi.
La qualità d’immagine è buona, allineata ai migliori concorrenti con sensore paragonabile. Il rumore è ben controllato, e appare evidente solo in contesti critici. La massima sensibilità utilizzabile risulta 800 ISO, a patto di accettare il rumore cromatico; è possibile salire a 1600 ma solo in caso di emergenza. In tutti i casi lavorare i RAW in condizioni difficili non è una passeggiata. Le aberrazioni cromatiche appaiono esclusivamente nelle situazioni estreme, e possono essere corrette quasi sempre.


CONCLUSIONI

Cosa possiamo dire di questa compatta premium? Il prodotto è valido, se comprata ad un buon prezzo può togliere soddisfazione anche oggi, a patto di accettare qualche piccolo compromesso sull’ergonomia. Può essere un ottimo dispositivo per chi ha voglia di prendere confidenza con la fotografia, ma anche per qualche sperimentatore entusiasta come noi. 

Paolo Marucco @135landscape


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